La depressione

La depressione

La parola “depressione” spaventa la maggior parte delle persone, in quanto rimanda, con grande facilità, ad una condizione di tipo psichiatrico, estremamente debilitante, con un’evoluzione cronica, una prognosi negativa e una difficile risoluzione. La buona notizia, invece, è che, di tale termine, se ne fa un uso eccessivo ed inappropriato (soprattutto, tra la gente comune) e anche nel caso di un semplice umore basso, reazione considerata “possibile e normale” nella vita di ognuno, viene facilmente, ed erroneamente, etichettato come “depressione”.

In molti casi, infatti, il vocabolo “depressione” è utilizzato come sinonimo di “tristezza”, cioè un’emozione che è reattiva ad eventi stressanti, a cambiamenti significativi ed inattesi, a lutti e a separazioni, e che, nel suo esprimersi, ha un significato e una funzione adattiva: nello sperimentare la sofferenza, la persona sente poi la necessità di dover reagire, emotivamente e concretamente, per ritrovare equilibrio e serenità.  Nel fare questo, l’individuo può comunque riscontrare delle problematiche e, se il malessere conseguente è forte e invalidante (magari accentuato anche dalla difficoltà a riconoscere le cause della propria “tristezza”) può necessitare del supporto di uno psicoterapeuta che lo aiuti ad avere maggiore consapevolezza di sé e del momento difficile che sta attraversando. Con il riconoscimento dei vissuti esperiti e dando il giusto significato e valore a ciò che accade, si aiuta la persona ad affrontare e a risolvere.

In altri casi, la “depressione” può sorgere come sintomo di una patologia di tipo psichico, ma anche di tipo organico. Infatti, può manifestarsi in concomitanza o in conseguenza ad un disturbo d’ansia, ad una condizione psicotica, ad una demenza, ma pure ad una patologia tumorale, ad una malattia infiammatoria, ad un ictus.  In questi casi, la “depressione” rappresenta una condizione definita “secondaria”, che viene a risolversi spontaneamente nel momento in cui viene opportunamente affrontata e risolta quella “primaria” da cui deriva.

In un numero di casi limitati, la “depressione” rappresenta, invece, una malattia psichiatrica clinicamente diagnosticata. Questo avviene quando l’emotività che la contraddistingue perde o manca della sua funzione adattiva e propositiva, rivelandosi disfunzionale e distruttiva per sé e per ciò che circonda; caratterizzata da sintomi e vissuti ben identificabili che si riversano e danneggiano inesorabilmente tutte le aree di funzionamento della persona (ad es.: il non riuscire a mantenere una sufficiente igiene personale, la rottura di importanti legami affettivi, la perdita del lavoro, l’isolamento sociale…). Ad essere compromessa, è la sfera emotiva (ad es.: il sentirsi profondamente apatici, inadeguati, colpevoli, non meritevoli di vivere…), quella cognitiva (ad es.: difficoltà a concentrarsi, spaesamento, pensieri catastrofici, perdita di interesse nel fare le cose), quella psicomotoria (ad es.: rallentamento motorio, mancanza di mimica facciale, povertà nel linguaggio…) e quella somatica (ad es.: disturbi del sonno, mancanza di appetito, facile affaticabilità, calo dell’energia…).In questi casi di “vera” depressione, l’associare un percorso di psicoterapia con una terapia di tipo farmacologico, risulta essere l’intervento più indicato ed opportuno per giungere ad un’adeguata risoluzione della patologia.

In conclusione, si può affermare che solamente un’attenta valutazione psicodiagnostica da parte di un professionista ben qualificato può indicare se si tratti di un disturbo dell’umore clinicamente significativo (una depressione o altre simili forme psichiatriche), oppure una condizione di umore basso, reattiva ad un particolare momento od evento della propria vita (anche se non immediatamente o facilmente riconoscibile). Tale valutazione clinica risulta essere fondamentale, perché permette di identificare e poi attuare l’intervento terapeutico (singolo o molteplice) più appropriato ed efficace per risolvere quella specifica condizione di sofferenza.