Comprensione dell’intenzione in situazioni di realtà e di finzione nei bambini

Comprensione dell’intenzione in situazioni di realtà e di finzione nei bambini

Introduzione

Lo studio dello sviluppo della teoria della mente è diventato in questi anni un tema rilevante in psicologia dello sviluppo, interessata alla com­prensione da parte dei bambini della relazione fra comportamenti delle per­sone e stati mentali. Indagare come i bambini sviluppano la capacità di capi­re le intenzioni sottostanti ai comportamenti è molto importante in quanto la possibilità di attribuire intenzioni agli altri è determinante al fine di comprendere la loro vita mentale. Le persone possono mostrare comportamen­ti simili ma dettati da intenzioni diverse e l’abilità di distinguere fra azioni deliberate o non intenzionali è critica per tenere conto della mente dell’ al­tro (Perner, 1991).

La comprensione dell’intenzionalità sta alla base della comprensione di stati mentali che hanno a che fare con la vita quotidiana del bambino, fra cui è stato oggetto di studio lo stato di finzione (Lìllard, 1998). La rilevanza di questo tipo di indagine è accresciuta anche dal fatto che alcuni studiosi ritengono che la capacità di finzione sia la prima abilità metarappresentazio­nale del bambino (Leslie, 1987).

Da vari studi è emerso che, mentre già a due anni i bambini sono in grado di partecipare a giochi di “far finta”, a 5 anni ancora non sono in grado di comprendere che per far finta di essere un canguro bisogna sapere che cosa sono i canguri. In altri termini, i bambini sembrano non comprendere che la finzione è un atto intenzionale della mente che implica la conoscenza del referente scelto come target. Pertanto la capacità di fingere potrebbe più semplicemente essere un’attività in cui il bambino agisce “come se” si trat­tasse della realtà (Lìllard, 1993).

Risulta quindi fondamentale chiedersi se i bambini piccoli siano in grado di comprendere l’intenzione come atto mentale sottostante ad atti di finzio­ne e ad altri comportamenti quotidiani diretti verso uno scopo. Ci si chiede cioè se i bambini si rappresentino l’intenzione come uno stato mentale rela­tivo all’intenzione nell’azione.

Lo studio sulla capacità del bambino di comprendere l’intenzionalità ha dato luogo a risultati ambigui: da una parte sembra che i bambini a 3 anni siano in grado di distinguere fra atti intenzionali e non intenzionali (Shultz e Wells, 1985), dall’altra parte la situazione sperimentale usata potrebbe mascherare l’uso di strategie più semplici che non comportano la compren­sione dell’intenzionalità nella mente dell’altro come guida al comportamen­to. Ricerche in cui è stato evitato il precedente problema sembrano averne comportato altri relativi all’ uso di materiale usato poco compreso dai bam­bini, che potrebbe averne sottostimato le capacità.

Anche per quanto riguarda in particolare la finzione i risultati variano da una comprensione iniziale dell’intenzionalità a 3 anni (Joseph, 1998) a dif­ficoltà evidenziate anche a 6 anni di età (Lillard. 1993).

Diventano quindi necessarie ulteriori indagini che permettano di appro­fondire se il bambino sia in grado di assegnare intenzione a un’azione confrontando fra loro situazioni in cui l’azione si svolgeva in contesto non reale di finzione o in contesto reale quotidiano.

Esperimento

Metodo

Partecipanti

Hanno partecipato alla ricerca in totale 144 bambini equamente divisi in tre gruppi con età media di 3/4 anni, 5/6 anni e 6/7 anni. I bambini di cia­scuna età sono stati ulteriormente suddivisi in due sottogruppi e assegnati casualmente a una delle due condizioni del contesto, finzione verso reale.

Materiale e procedura

Sono state costruite 2 storie tipo, una per il contesto di finzione e una per quello reale, in ciascuna delle quali veniva presentata la stessa azione svolta dal protagonista ma frutto di scopi diversi a seconda della condizione. L’uso nella domanda critica della forma “sta cercando di fare l’azione?”, usata per veicolare il riferimento all’intenzionalità o meno dell’ azione, è stata in pre­cedenza testata per la sua comprensione con un gruppo indipendente di bambini. Ad ogni bambino, visto individualmente in una stanza tranquilla della sua scuola, venivano poste 3 versioni della stessa storia, appartenenti a una sola condizione.

Risultati e discussione

Da un’analisi della varianza sono risultati significativi entrambi i fattori età e condizione ed è emersa una interazione fra i due fattori mostrando che la condizione di intenzione nel contesto di realtà è risultata meno compre­sa rispetto alla finzione a tutte le età ma soprattutto per i bambini di 3/4 e di 5/6 anni.

Risulta quindi che l’intenzione reale non viene compresa. Rimane però un dubbio relativo alla genuinità della diversa comprensione fra contesto di finzione e contesto reale, date la differenza sul tipo di risposta corretta richiesta nelle due condizioni.

Pertanto, la ricerca sta proseguendo con l’Esperimento 2 in cui è stato modificato il materiale al fine di operare un controllo metodo logico che eliminasse un eventuale bias nelle risposte. I risultati saranno discussi alla luce di teorie e dati precedenti relative allo sviluppo della comprensione dell’in­tenzionalità nell’azione e dell’intenzione nello stato mentale di finzione.

Riferimenti bibliografici

Joseph. R.M. (1998). lnteniton and knowledge in preschoolers’ conception of pretend. Child Development, 69. 966-980.
Leslie. A. M. (1987). Pretense and representation: The origins of “theory of mind. Psychological Review, 94. 412-426.
Lillard, A.S. (1993). Young children’s  conceptualization of pretence: Action or mental representation state? Child Development, 64. 372-386.
Perner, J.(1991) Understanding the representational mind. Cambridge, MA: Mit Press.
Shultz, T.R. e Wells, D. (1985). Judging the intentionality of action-outcomes. Developmental Psichology, 21, 83-89.

In collaborazione con:

Prof.ssa C.Gobbo, Università degli Studi di Padova
Dott.ssa D.Raccanello, Università degli Studi di Padova